LE SANZIONI DI CUI ALL’ART. 4 D.L. N. 19 DEL 25 MARZO 2020:UNA NUOVA TAPPA DELL’”ODISSEA NORMATIVA DA CORONAVIRUS”
Avv. Giusy Lacavalla
LE SANZIONI DI CUI ALL’ART. 4 D.L. N. 19 DEL 25 MARZO 2020: UNA NUOVA TAPPA DELL’”ODISSEA NORMATIVA DA CORONAVIRUS”
Abbandonando per un attimo la tristezza di questi giorni di reclusione a casa, a causa dell’emergenza sanitaria Coronavirus, potremmo dare sfogo alla nostra immaginazione e vestire i panni dell’eroe omerico Ulisse.
La nostra permanenza a casa è come il viaggio di Ulisse, al contrario.
Ed invero, Ulisse affronta ostacoli di ogni sorta durante il viaggio di ritorno ad Itaca, dove si trova la sua casa ed i suoi affetti, noi, invece, in questi giorni siamo a casa e siamo costretti a subire ampie limitazioni delle libertà fondamentali (libertà personale, libertà di circolazione, di riunione, contemplate nella Costituzione) imposte con innumerevoli provvedimenti governativi, a partire dal d.l. n. 6 del 23 febbraio 2020, al fine di contenere il contagio del Covid 19 e poter, alla fine dell’emergenza sanitaria, riacquistare quelle stesse libertà.
Lottiamo contro un nemico invisibile, il Coronavirus, così come invisibile è il nemico di Ulisse, vale a dire l’ira degli dei.
Da tale volo pindarico nel mondo epico deriva il concetto di “odissea normativa da Coronavirus”, per tale intendendosi il caos normativo e sanzionatorio venutosi a creare a causa dell’attuale situazione di emergenza sanitaria su tutto il territorio nazionale.
L’ultima tappa, in ordine cronologico, di tale “Odissea normativa” è il D.L. n. 19 del 25 marzo 2020, in vigore dal 26 marzo, con il quale il Governo ha tentato di mettere ordine nel calderone dei provvedimenti di fonte legislativa (decreti legge) e sub legislativa (D.P.C.M., ordinanze regionali e comunali), adottati per fronteggiare la attuale situazione di emergenza da Coronavirus, ed ha abrogato il D.L. n. 6 del 23 febbraio 2020, convertito in L n. 13 del 5 marzo 2020.
L’art. 4 del D.L. n. 19/2020 è di fondamentale rilevanza, in quanto sostituisce le sanzioni penali previste dall’art. 3 co. 4 del D.L. N. 6/2020, per reprimere condotte di violazione delle misure di contenimento del contagio, con sanzioni amministrative.
Ed invero, l’articolo 3 co. 4 d.l. n. 6/2020 prevedeva che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale”.
In termini pratici, chiunque, prima del 26 marzo 2020, avesse trasgredito le misure di contenimento del contagio Covid – 19, adottate con i più disparati provvedimenti dell’autorità statale, regionale e comunale, ad esempio allontanandosi dalla propria residenza per motivi differenti da quelli specificamente previsti, se sottoposto a controlli da parte delle forze dell’ordine, sarebbe stato denunciato per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità ex art. 650 c.p., avrebbe potuto subire un procedimento penale, ed essere punito o con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad euro 206.
E laddove avesse dichiarato il falso nei moduli di autocertificazione avrebbe potuto essere indagato anche ai sensi dell’art. 495 c.p.
Tuttavia, il riferimento all’articolo 650 c.p. operato dal detto articolo 3 co. 4 d.l. n. 6/2020, si ritiene diffusamente essere stato soltanto quoad poenam.
Tanto perché, la fattispecie di reato delineata dall’abrogato articolo 3 co. 4 d.l. 6/2020 (“il mancato rispetto delle misure di contenimento”) è fattispecie autonoma rispetto a quella contemplata dal codice penale nell’art.650.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, infatti, assumono rilievo ex art. 650 c.p. soltanto i provvedimenti individuali e concreti diretti ad una o più persone determinate o determinabili, in relazione a contingenze attuali e presenti, e non anche l’inosservanza di atti normativi generali ed astratti, tra cui le misure di contenimento del contagio adottate con atti di fonte legislativa e sub legislativa.
Diversamente opinando, qualora si facesse rientrare nella portata precettiva dell’articolo 650 c.p. anche il mancato rispetto delle misure di contenimento generali ed astratte, che non si limitano a svolgere una funzione di specificazione tecnica del precetto ma contribuiscono a delinearlo, si incorrerebbe in un’ipotesi di illegittimità costituzionale ex art. 25 co. 2 (principio di riserva di legge).
È infatti noto che tale norma codicistica costituisce l’esempio più pregnante di norma penale in bianco, compatibile però con il principio di riserva di legge, come ritenuto dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 168/71 sul rilievo che “la materialità della contravvenzione è descritta tassativamente in tutti i suoi elementi costitutivi”.
Ciò detto, concludendo sulla disciplina sanzionatoria in materia di emergenza sanitaria da Coronavirus, ante d.l. n. 19/2020, essendo il reato ex art. 650 c.p. procedibile d’ufficio e oblabile ex art. 162 bis c.p., una denuncia ex art. 650 c.p. avrebbe condotto ad un procedimento penale che avrebbe potuto essere concluso con dichiarazione di estinzione del reato per oblazione, nell’ipotesi in cui la Procura competente avesse chiesto al G.I.P. di emettere decreto penale di condanna, o di esercitare in altro modo l’azione penale.
In altre parole, la persona indagata prima e imputata poi ex art. 650 c.p., opponendosi al decreto penale di condanna, o prima della emissione del decreto medesimo, o comunque prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, avrebbe potuto estinguere il reato pagando una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda (nella specie, 103 euro).
Tale modus operandi, però, avrebbe condotto ad un ingolfamento del lavoro delle Procure, le quali, non potendo sbrigare un’eccessiva mole di lavoro durante e dopo il periodo di forzata sospensione dell’attività giudiziaria e dei termini processuali, dal 9 marzo al 15 aprile, avrebbe certamente risolto il problema con l’archiviazione per prescrizione del reato, con inutile dispendio di energie risorse e tempo.
Ed è anche per tale ragione che il Governo è intervenuto da ultimo con l’articolo 4 del d.l. n. 19/2020 a mutare l’apparato sanzionatorio, in materia di emergenza sanitaria, depenalizzando talune condotte di violazione delle misure di contenimento, tra cui quella dell’allontanamento dalla propria residenza per motivi diversi da esigenze lavorative, situazioni di necessità e urgenza, motivi di salute.
Dunque, tornando all’esempio pratico, dal 26 marzo 2020, chi si allontana dalla propria residenza per motivi diversi da quelli sopra elencati, non sarà più punito con l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro, bensì con una sanzione amministrativa, consistente nel pagamento di una somma di denaro da euro 400 ad euro 3000.
La ratio legis del mutamento della disciplina sanzionatoria risiede anche nella più incisiva forza deterrente della sanzione amministrativa rispetto a quella penale precedentemente prevista.
Infatti, la minaccia di una sanzione amministrativa, in una situazione di grave crisi socio economica come quella attuale, spaventa più della minaccia di una pena detentiva o pecuniaria eventualmente applicabile. Inoltre la sanzione amministrativa é reiterabile anche più volte in una giornata in quanto non é prevista la continuazione.
L’articolo 4 co. 1 prevede, poi, che la sanzione amministrativa è aumentata fino ad un terzo nell’ipotesi in cui l’inosservanza delle misure di contenimento di cui all’articolo 1 comma 2 del decreto legge, sia attuata mediante l’utilizzo di un veicolo.
Ancora, la suddetta sanzione è raddoppiata in casi di reiterazione della “medesima disposizione” relativa alle misure di contenimento del contagio.
Per quanto concerne la violazione di alcune misure di contenimento, relative ad attività commerciali, professionali e d’impresa, l’articolo 4 co. 2 prevede, poi, che oltre alla sanzione amministrativa debba applicarsi anche quella accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni ed in caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa accessoria sarà applicata nella misura massima.
Tuttavia, ritornando al nostro caso pratico, se la persona che si allontana dalla propria residenza per motivi diversi da quelli indicati dall’articolo 1 comma 2 lettera a) d.l. 19 /2020, viene sottoposta a controlli da parte delle forze dell’ordine, e le viene applicata una sanzione amministrativa di euro 400, la stessa potrà’ essere ridotta del 30% se pagata entro 5 giorni (280 euro), ai sensi dell’art. 4 comma 3.
Ciò detto, della depenalizzazione operata dall’articolo 4 comma 1 beneficiano anche le condotte di inosservanza delle misure di contenimento poste in essere prima della entrata in vigore del d.l. 19/2020.
Vale a dire che, se taluno, prima del 26 marzo 2020 ha violato il divieto di allontanarsi dalla propria residenza per motivi diversi da esigenze lavorative, necessità e salute, ed è stato denunciato, non subirà più alcun procedimento penale, perché quel fatto non costituisce più reato e se verrà applicata una sanzione amministrativa che potrà essere definita pagando la somma minima ridotta della metà (200 euro).
Ulteriore aspetto non trascurabile riguarda l’interpretazione della clausola “salvo che il fatto costituisca reato” con cui esordisce il primo comma dell’articolo 4.
Considerata la ratio deflattiva della norma succitata, è agevole interpretare la clausola “salvo che il fatto costituisca reato” alla stregua di una clausola di sussidiarietà.
In altre parole la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 400 a euro 3000 si applicherebbe soltanto laddove l’inosservanza delle tassative misure di contenimento di cui all’articolo 1 comma 2 d.l. 19/2020 non fosse sussumibile in una delle fattispecie incriminatrici previste dal codice ed anche al di fuori dello stesso.
Questa è la chiave di lettura che giustifica l’applicazione di sanzioni penali di cui agli articoli 452 c.p. e 260 del Regio Decreto n. 1265/1934, come previsto dall’articolo 4 comma 6.
In particolare, chi non osserva il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora, se sottoposto alla misura della quarantena perché risultato positivo al virus, è punito penalmente ai sensi dell’art. 260 del regio decreto n. 1265/1934 con l’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5000 euro, così come modificato dall’articolo 4 comma 7 d.l. 19/2020.
È questo un reato contravvenzionale che prevede una pena detentiva congiunta a pena pecuniaria e pertanto non oblabile.
È un reato di pericolo per la salute pubblica, che sussiste soltanto quando l’inosservanza della quarantena obbligatoria non sia sussumibile in uno dei delitti colposi contro la salute pubblica ( art. 452 c.p.), inclusa l’epidemia colposa, o comunque un più grave reato (doloso o colposo).
Sarà applicabile la pena della reclusione da 1 a 5 anni prevista per il delitto di epidemia colposa (art. 438 c.p.) nel caso in cui si accerti che la condotta dell’agente che viola la quarantena obbligatoria abbia provocato il contagio di una o più persone ed aumentato la possibilità della diffusione della malattia tra un numero indeterminato di persone.
La clausola “SALVO CHE IL FATTO COSTITUISCA REATO” di cui all’art. 4 comma 1 d.l. 19/2020 lascia impregiudicata la sanzione penale anche nel caso in cui chi viola le misure di contenimento del contagio Covid-19, sottoposto a controllo da parte delle forze dell’ordine, rilasci false dichiarazioni in ordine a dati personali e/o informazioni circa i motivi dell’allontanamento dalla propria residenza, quando tale fatto integra gli estremi del reato ex art. 495 c.p.
Dunque, alla luce del mutato impianto sanzionatorio per contrastare l’emergenza sanitaria Covid-19 di cui all’articolo 4 d.l. 19/2020, non possiamo affermare con assoluta certezza che tale ultimo intervento normativo abbia finalmente riordinato il caotico complesso normativo previgente, stante la vigente previsione di sanzioni penali e sanzioni amministrative.
Concludendo, sia le sanzioni amministrative sia quelle penali hanno quale minimo comune denominatore il contrasto di condotte che si traducono nella violazione di misure di contenimento che altro non sono se non limitazioni più o meno estese di alcune delle libertà fondamentali contemplate nella Carta costituzionale.
Pertanto, si potrebbero nutrire dubbi di legittimità costituzionale in ordine alle modalità di adozione di tali misure ma, considerata l’attuale situazione di estrema emergenza sanitaria, dovremmo mettere da parte, almeno per il momento, tali dubbi, a tutela di un superiore bene fondamentale, ovverosia la salute (ex art. 32 Costituzione).
Un breve cenno va posto alle problematiche relative alla recidiva, alla continuazione e alla reiterazione dell’illecito amministrativo.
Facciamo un esempio. Vengo fermato e sono in giro senza valida ragione di necessità Mi viene comminata una sanzione da 400,00 a 3000,00 Euro. Ma quanto dovrò pagare?
La legge (689 ’81)prevede il pagamento in forma ridotta, che estingue la sanzione.
Tale forma estintiva della sanzione é quantificata nella terza parte del massimo o, se inferiore, nel doppio del minimo.
Nel caso che ci riguarda la opzione va al doppio del minimo, quindi 800,00 Euro.
Nelle ipotesi aggravate, p, es uso dell’automobile, la sanzione viene aumentata di un terzo, quindi il pagamento in forma ridotta, in questo caso, sarà pari ad Euro 1040,00,
Ma l’aspetto maggiormente deterrente * quello relativo alla reiterazione e alla recidiva.
In quest’ultimo caso la sanzione viene raddoppiata (recidiva), ma va precisato che per le sanzioni amministrative non vale il principio della continuazione, per cui immaginando un ipotetico percorso in auto, in violazione delle prescrizioni, da Milano a Messina si potrebbe incorrere in una serie di contestazioni con la conseguenza di dover pagare per tutte la relativa sanzione, anche si si tratta dello stesso viaggio. E mentre la prima contestazione comporterà un pagamento in forma ridotta pari a a 1040,00 euro le successive raddoppieranno ed ognuna per ciascun trasportato…..
Dovremmo quindi come Ulisse rassegnarci alle mille difficoltà del viaggio, senza, però, mai perdere la speranza di far ritorno ad Itaca.
E noi, come Ulisse, rispettiamo le prescrizioni imposte, anche se comportano enormi sacrifici e non perdiamo la speranza di ritornare alla libertà.
Avv. Giusy Lacavalla